Chi e' Sandro Lucco

Alessandro Lucco nasce a Montagnana in via Luppia Alberi il 31 Gennaio 1904, da Michelangelo e Amabile Barotto.
E' il secondo di cinque figli: Antonio, Maria, Elvira, Giovan Battista.
Molto legato alla sorella Maria, che morirà nel '38 a seguito di un intervento di appendicectomia, proverà per questo trauma un dolore che resterà vivo e intenso per tutta la vita fino a tarda età, a rivelare una sensibilità nascosta da un carattere difficile, spigoloso ed eccentrico.
La famiglia, discretamente benestante, possiede un piccolo podere dato a mezzadria e un negozio di generi alimentari con tabaccheria.
La licenza per la vendita di alcolici, acquisita in coincidenza con la ritirata di Caporetto, trasforma l'esercizio in piccola osteria, centro di ritrovo per la zona del Monastero Borgo San Marco.
Meno disciplinato dei fratelli e più ribelle non prosegue gli studi. Sarà una ferita da curare con studi diversificati suggeriti da curiosità estemporanee, ma sempre vivaci e profonde. Due sono soprattutto le vere passioni: la sua città, di cui conosce ogni angolo e che deve essere preservata da ogni intervento che - a suo parere - ne deturpi la perfezione, e la caccia nell'ambiente del Pizon e lungo il fiume Fratta.
Come prima attività apre un negozio di sementi in Montagnana; poi in società con la famiglia Morello, gestisce il distributore Esso a Porta Legnago. E' un periodo di benessere e di buoni guadagni, che sa investire con lungimiranza e parsimonia.
Vive nella casa di sempre, rinnovata, prima con i genitori, fino alla fine degli anni Quaranta, e poi con la famiglia del fratello maggiore. Quando questi si trasferisce, resta solo. Nel frattempo, ha però ritrovato una compagna degli anni giovanili, Giulia Chiericato, con la quale avvia una relazione stabile, che diventerà più tardi convivenza in Montagnana.
A metà degli anni Sessanta, ceduta l'attività al socio, si dedica a tempo pieno alla produzione artistica, esponendo i suoi lavori ripetutamente e con buon successo alle Fiere dell'Artigianato: impegno che alterna a brevi viaggi con Giulia, alle conversazioni con amici, alla cura e all'ampliamento dei rapporti sociali: è intelligente, ha buone conoscenze seppure da autodidatta, è dialettico, a tratti polemico, mai banale; più spesso nelle conversazioni traspare la nostalgia per stili di vita più sobri o aspetti della cultura contadina e della campagna già alterati e destinati a scomparire.
Giulia muore nel '97, pochi anni più tardi la sorella Elvira, l'ultima dei fratelli, che per lunghi periodi lo ha accudito. Rimasto ora veramente solo, prosegue la sua attività, che deve essere letta soprattutto come un attestato d'amore per la propria città.
Da tempo pensa ad una Fondazione, cui affidare il compito di conservare la storia di Montagnana e insieme di salvaguardare il dialetto locale e di intervenire, per quanto possibile, nel restauro di beni artistici. Muore il 21 Settembre 2005. Le sue ceneri sono custodite nel locale cimitero.

 
Un ricordo

La Fondazione che io presiedo è stata fortemente voluta dal si.or Sandro Lucco che intendeva in questo modo regalare alla comunità di Montagnana delle opportunità di crescita sociale e culturale. Per chi non ha avuto il piacere di conoscerlo è difficilissimo descrivere la sua contrastante personalità sicuramente fuori dagli schemi classici e dagli stereotipi che la cosiddetta “società moderna” ci propone continuamente.
Io ho avuto il piacere di conoscerlo negli ultimi ventanni della sua lunga esistenza durata più di un secolo, ho ancora fisso nella memoria con che impeto a 85 anni entrò nel mio ufficio e a bordo della sua macchina mi condusse nella sua casa natale in via Luppia Alberi.
Un rapporto iniziato professionalmente si riempì reciprocamente di stima e di fiducia fino a sfociare in un rapporto confidenziale sia com me che con la mia famiglia. Ricordo con molto piacere le sue lunghe e lucide chiacchierate dove amava ricordare i luoghi della sua infanzia passata tra i cassetti e i fiaschi della “casolineria-osteria” dei genitori dove imparò l’arte del commercio e nei campi retrostanti dove coltivò la sua grande passione per la caccia.
Anche i due conflitti bellici erano scolpiti nella sua memoria e quando li narrava avevi la percezione di conoscere episodi ed emozioni che senza di lui si sarebbero perse da tanto tempo. Della prima guerra mondiale amava ricordare i soldati a cavallo che stazionavano nel vicino castello di Bevilacqua, il capitano di cavalleria che lo montò a cavallo il tutto visto con gli occhi di un ragazzino, della seconda guerra mondiale si ricordava precisamente il posto e il momento in cui apprese dell’entrata in guerra dell’Italia, gli entusiasmi popolari per le prime vittorie, i rastrellamenti in uno dei quali venne lui stesso rinchiuso in carcere e poi liberato, la ritirata dei tedeschi, i partigiani e la liberazione.
Dai primi anni settanta ritiratosi dall’attività e non essendo sposato per sua precisa scelta personale si ritrovò ad avere tantissimo tempo libero e fu allora che si cimentò nel plasmare della lastre di metallo creando prima alcuni semplici oggetti e poi raffinarsi nella creazione di alcuni clipei rappresentanti alcune emergenze architettoniche e alcuni scorci della sua amata Montagnana, l’ultima sua creazione la fece alla veneranda età di 100 anni.
Negli ultimi anni della sua vita fondendo la voglia di regalare alla sua città qualcosa di importante e il suo cruccio di essere presto dimenticato decise di donare le sue opere alla Comunità e lasciare come disposizione testamentaria che gran parte del suo patrimonio fosse servito a costituire una Fondazione che operando nei vari settori culturali potesse far ricordare il suo nome.
Come primo Presidente mi designò direttamente in virtù della fiducia e del rapporto limpido onesto e sincero che sempre ci ha contraddistinto e che spesso rimpiango.

Antonio Arch. Gemmo